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Marco Ghiglia durante la colazione con un pastore in occasione di un campo speleologico – Foto: Renato Sella

In ricordo dell’INS Marco Ghiglia

Ferruccio Cossutta I.N.S.

Da "Brich & bòcc" Semestrale di informazione della Sezione C.A.I. di Biella, n. 1 - 2009, anno 33 n. 66

« PERCHÉ LO FAI? »
Corto circuito speleo – didattico
(in margine ai festeggiamenti del Cinquantenario della Scuola Nazionale di Speleologia del Club Alpino Italiano)

Ferruccio Cossutta I.N.S - Gruppo Speleologico Biellese – C.A.I.

ATTO PRIMO (agosto 1970)

Il caldo ferragostano cuoce tutt'intorno, ma noi stiamo beatamente al fresco, sotto gli alberi umbri che attorniano la dolina dove si apre il "Vorgozzino"1.
Abbiamo appena recuperato il centinaio di metri di scalette e relative corde dell'esercitazione e con calma stiamo insaccando il tutto... Con lentezza... Quasi per godere ancor più a lungo del fresco... e delle emozioni del "100 in tiro unico" fatto per la prima volta.

La domanda fionda secca « Perché lo fai? ».
Non segue una risposta altrettanto secca. Non certo per disinteresse, né per timidezza (improbabile in quello schietto amico umbro)... Forse un imbarazzo...
Un vago « È bello! ».
Certo che è bello, ma...

É bello questo Corso2. Con la concomitanza dell'Assemblea Nazionale degli Istruttori si sta facendo un'abbuffata di speleologia ad alto livello: dodici Lezioni teoriche dei maggiori specialisti del campo e cinque Esercitazioni pratiche anch'esse caratterizzate da accompagnamenti molto qualificati. Siamo allievi provenienti da tutta Italia, la maggior parte di noi è già addentro al problema e quindi si va forte e con divertimento generale...
Inoltre c'è la frenesia perché usiamo i primi bloccanti dressler per l'autosicura in salita sulle scale... Forse senza rendersi conto che sta per crollare il mito della gerarchia dei "capisquadra" ed il giogo dei "paria" che portano solo i materiali e che al massimo stanno sul pozzo a fare sicura dall'alto agli "eletti" che scendono.
E poi c'è la timorosa incertezza dell'uso del discensore Petzl (tra i primi in Italia), ma subito seguita da una incontenibile eccitazione rivolta alle impensabili opportunità che si aprono.
Proprio noi che scendevamo le scale con la sicura dall'alto od al massimo in corda doppia "sbruciacchiando" decine di tute (quelle di teletta mimetica!).

ATTO SECONDO (un paio di mesi dopo)

La domanda ri-parte improvvisa, non meditata « Perché lo fai? ».
Questa volta un sorrisetto segue immediato « Ma non vedi che qui è bello? ».
Oramai c'è più confidenza tra di noi, ma non riesco ad insistere.
Ora siamo al fresco in una grotta. Nella "Galleria dei Barbari" al "Cucco"3, mollemente ciondolanti nelle nostre amache. È una fase di riposo durante un Corso Speciale4.
C'eravamo sbattuti nella Zona del "Canin-Infernaccio" ed oltre nella "Regione Italiana"5, a circa -500 m e tra poco recupereremo la quintalata di scale snodate lungo tutta la grotta, per poi uscire dopo 4 giorni di campo interno.

Osservo con nuova curiosità le pareti del cavernone ed incomincio a farle mie. Lamino lo sguardo lungo i giunti di strato dei calcari per poi incastonarlo dentro le diaclasi delle rocce, sciogliendolo infine lungo i rivoli d'acqua ipogei...
Certo è bello... Anzi è stimolante, eccitante... ma...

ATTO TERZO (l'anno dopo)

Siamo nuovamente assieme nel caldo delle vacanze. Altri alberi, altro posto: sull'altopiano del Sornin... Ma anche qui si insaccano le scalette: questa volta del fondo del Berger6.
Abbiamo appena concluso la spedizione italo-belga7 che si prefiggeva di far raggiungere il fondo a tutti i componenti con le tecniche di autosicura, sia in discesa (con discensori personali), sia in salita (autobloccanti personali e scalette).
È stata scelta, inoltre, la strategia di fare più puntate veloci e fare fluire tutto il materiale necessario "ad ondate": in tal modo siamo riusciti ad armare tutta la grotta e far raggiungere la prima squadra davanti al sifone finale (-1122 m) in circa 35 ore dall'inizio delle operazioni. Un ottimo risultato per la tecnica di quel momento. Si è evitato così di fare i campi interni (usualmente due) che avevano sempre caratterizzato le spedizioni precedenti, eliminando il trasporto di molto materiale ridondante (tende, amache, viveri, vestiari, ecc. ...). Ciò comporta che ogni squadra debba fare almeno altre due discese, oltre il fondo, ed almeno una nel ramo "allagato" dal torrente interno (da -630 m fino in fondo), prestando grande attenzione alla sincronizzazione dei tempi di progressione.
È stato un successo per tutti gli obiettivi prefissati: oramai la speleologia sta cambiando... Quasi un preludio alla grande rivoluzione della progressione su sola corda che si svilupperà circa un paio d'anni dopo.

Inevitabilmente si ripresenta la stessa domanda « Perché lo fai? ».
Ora la richiesta è decisamente perentoria, quasi aggressiva, non permette scappatoie « Adesso però devi dirmelo! Perché lo fai? ».
Questa volta non c'è più il "timore reverenziale" dell'allievo "imberbe" (seppur con un po' di esperienza alle spalle). Ora c'è un'intesa "in più", un successo comune che cementa l'amicizia, al di là delle singole appartenenze...
Eravamo stati sul fondo tutti quanti assieme, in modo paritario aiutandosi uno con l'altro, vivendo intensamente la stessa esperienza innovativa...
Forse per questo non si nega. Con quella sua espressione un po' ironica e un po' sorniona mi ribatté subito « Ma ti interessa così tanto? ».
« Sì! ».
S'irrigidisce un poco, ma poi si "scioglie".
« Perché, come istruttore, passo quindici giorni delle mie ferie ad organizzare un corso nazionale? Perché, come istruttore, ri-invito alcuni allievi di quel corso per fare una quattro-giorni-in-grotta al "ponte festivo dei santi"? Perché, come istruttore, durante le mie ferie... ed il viaggio di nozze... mi impegno affinché alcuni degli ex iscritti a quel corso riescano fare il fondo del Berger?... ».
Rimane un po' pensieroso ed a seguire « È proprio questo che vuoi sapere? ».
Poi, quasi tra sé stesso, « Forse per orgoglio di avervi "preparato bene" per raggiungere il fondo... forse per dimostrare che il nostro corso... la nostra scuola... sono di un certo spessore... ».
« Taglia corto! C'è dell'altro! » incalzo interrompendolo.
« Va bè, rompiballe! ». Mi travolge quasi con simpatica veemenza « È semplice: qualcuno ha fatto cose analoghe nei miei confronti. Trovo logico rifare la stessa cosa! ».

Ti pareva che non fosse così complesso... ed hai voglia ad esprimerlo così semplicemente!
E poi incalzante « Dopo tutto, è il concetto di trasmissione del sapere, della cultura stessa... ».

Inutile tirare fuori qualche cosa d'altro da quella dura scorza umbra... Non ne vuole dare a vedere, ma gli si velano gli occhi nei ricordi.
Belli... ma anche brutti.
I suoi Corsi da allievo a Trieste nel 1959 e nel 1960 vissuti come fatti entusiasmanti ed irripetibili e che gli hanno cambiato la vita... ma anche la morte, in quella maledetta slavina del Canin, di Marino Vianello ed Enrico Davanzo, i suoi primi Istruttori...
« È una ruota che gira ed adesso tocca a me farla girare... La ruota non deve fermarsi... deve continuare a girare! » taglia secco parlando a se stesso ma ad alta voce!
Tra di noi non si affronterà mai più questo problema!

Quella risposta mi frullò nel cranio per molto tempo. Io, già docente per lavoro, che non capivo completamente il "fine" sottile che c'era dietro quella filosofia!
Interdetto. Sono rimasto interdetto per diversi anni per una risposta apparentemente così semplice e lineare... ma nel contempo forse con quella patina di misteriosa incomprensibilità che si accompagna a reazioni così umane.

Se mai mi fossero rimasti dei dubbi, ora (nel 2008) li ho risolti tutti, vedendo gli occhi illuminati e lucidi di Checco8 davanti ad alcuni pannelli della Mostra per il Cinquantenario della Scuola a Trieste9 (e poi a Costacciaro10) in cui appariva assieme ai suoi Istruttori.

* * *

PRIMO ATTO SUPPLEMENTARE (diversi anni dopo)

Sto passando una parte delle mie ferie su per il "Pozzo del groviglio", ancora nel Cucco11 - già Istruttore Nazionale – durante un'esercitazione di uno dei tanti Corsi Nazionali12 a cui ho partecipato in seguito. Sto seguendo un simpatico candidato che si impegna a risalire il camino più con tecniche alpinistiche che utilizzare unicamente la "più rassicurante" corda speleo. Ma va forte e bene, sicuramente più di me. Lo lascio libero di arabescheggiare con eleganza su per quel budello in salita.
Anzi, ne imito l'esempio divertito.
In fin dei conti l'importante è risalire in modo sicuro ed efficace!
Alla base del "Pozzo del Nibbio", attendendo che gli altri in alto lascino libero il passaggio, ci mettiamo a chiacchierare di tecnica, della grotta, della speleologia... dei massimi sistemi... come in genere si fa in questi casi.
Improvvisa la sua domanda « Sei in ferie? ».
«Sì!».
E subito dopo, senza preavviso « Perché lo fai? ».
Resto fulminato!
In un attimo "ribobino" un bel po' d'anni, riacciuffando visioni lontane ma ancora vivide e risentendo discorsi già risuonati...
«Ma è logico... perchè è bello!».
Per fortuna si ferma lì e tutto termina in una affrettata ripresa della salita.

Siamo usciti per ultimi dall'ingresso alto oltre i 1500 m, a due passi dalla vetta del monte ed ora ci guardiamo soddisfatti, non c'è neanche da disarmare... Solo assaporare gli ultimi scampoli della bella sgrottata e per seguire gli spazi infiniti del paesaggio umbro-marchigiano. Ci riguardiamo un attimo forse per trasmetterci la felicità, quando lui, curioso, sembra abbozzare una domanda... ma prevengo incalzante «Andiamo che è tardi... altrimenti gli altri si preoccupano» e tutto finisce lì.

SECONDO ATTO SUPPLEMENTARE (neanche un mese e mezzo dopo)

« Marco13, questa sera sarà dura, preparati » gli dico appena lo vedo.
Lui è un tipo sveglio, ha già intuito tutto. Ha una specie di sesto senso: riesce a capire la situazione al volo, come sempre.

Non come prassi burocratica, ma per motivi di sostanza, leggo come introduzione il comunicato che integra il Regolamento del Corso14.
Ne consegue una "rivolta" orchestrata per bene dal Presidente in carica15, il quale, da tempo, non tollera le mie "devianze" scientifico-culturali" (... e tutto il resto di me), contrastandole in tutti i modi.
So che è inutile insistere. Come responsabile non riuscirò mai a controllare compiutamente il Corso.
Sospendo la Lezione e comunico le mie dimissioni da Direttore.
Sconcerto... anzi "finto sconcerto"... anzi sollievo perché me ne vado "fuori dai piedi"!

Lo prendo subito in disparte e gli espongo sinteticamente la situazione « Senti, Marco, vedi che la situazione non è più sostenibile. Inoltre sai, ora che mi sono sposato, che sto decidendo di ristrutturare una casa. Inoltre ho molti impegni politico-sociali... devo necessariamente diminuire quelli col Gruppo... Oltretutto sono già "preso" con le "mie" due Scuole (come "lavoro" e quella Nazionale C.A.I.). Poi la tendinite attualmente non mi permette di fare grandi sforzi... e loro non ammettono che io rallenti il mio ritmo frenetico tipico del passato ».
Lo vedo agitarsi.
Davanti ai suoi occhi vivaci ed interroganti gli confesso « Lo sai che nel Gruppo ci sono altri "galletti" che ruspano a loro modo ed oramai non mi riconoscono più nessun carisma. Non accettano il taglio scientifico (o per lo meno culturale) di come vedo la Speleologia. Sono annebbiati dal "mito gobettiano"16, senza averne capito il reale significato! Ora pensano più solo alle imprese mitiche... tralasciando i seri lavori iniziati17...».
Vuole abbozzare qualche cosa ma lo anticipo « La cosa più grave è che NON vogliono accettare le regole della Scuola Nazionale... è anche un problema di SICUREZZA ».
Questo lo allarma subito.
« Sai, vogliono utilizzare longe fatte con i nastri delle tapparelle o con cordini da sei, qualcuno ha degli autobloccanti auto-costruiti artigianalmente con ferraccio... Non si possono tollerare queste cose! Ora che hai superato l'esame da INS fai tu il direttore e controlla subito che le lezioni siano fatte "a modino" e che eseguano le manovre in tutta sicurezza, come prevede la Scuola! ».
Mi guarda con sgomento roteando gli occhi come fa sempre quando è seriamente preoccupato « Per la parte tecnica non ci sono problemi... ma per la parte teorica... È un corso di approfondimento... non sono all'altezza! » finisce per confidarmi.
Lo rassicuro « Non menarla: sai di potercela fare! Se non si può spingere la cultura più di tanto... fregatene, per ora... anche perché forse interessa poco, non transigere però sulla sicurezza! Questo lo puoi... LO DEVI!».
Preso in questo modo, so che Marco non è capace di dire di no: anche lui tiene alla "continuità del Gruppo", soprattutto per la continuità dei Corsi inseriti nel contesto della Scuola Nazionale del C.A.I.
Vedo un genuino segno di assenso nei suoi occhi e questo mi solleva molto... almeno per ora, anche se "abbandono" con un grosso magone nello stomaco.
L'innovazione che ho in mente e che penso di stimolare negli altri passerà prima per la Scuola a livello nazionale18 che nel mio Gruppo: peccato!
Come si dice? ... «Nemo propheta... ».
Il magone aumenta... me ne vado via precipitosamente dalla Sede del C.A.I.

Marco farà il Direttore ed il Gruppo accetterà in toto il Programma ed il Regolamento da me proposti senza alcuna modifica... A dimostrazione che l'attrito era con il sottoscritto e non con la metodica!

TERZO ATTO SUPPLEMENTARE (circa un anno dopo)

Marco sta aspettando la telefonata della Tella, la sua ragazza. Ha perso la coincidenza del treno e lui deve andare a prenderla a Santhià, sospendendo il lavoro (bestemmia!).
Per questo lo vedo irrequieto, agitato. Sta per scoppiare nei suoi mitici sfoghi bestemmiatori: unica pecca di una pasta d'uomo al quale potevi chiedere tutto. Infatti in quel momento gli sto monopolizzando tutta la sua esperienza professionale di carrelleur (si vanta di questa sua caratteristica): un intervento complesso di disegni dell'ossessionante (per tutti e due) salle de bains (come la chiama lui) della casa che mi aiuta a ristrutturare.
Sul momento, oltre a pensare alla sua agitazione, sto preoccupandomi anche (anzi "soprattutto) per la simmetria delle mie piastrelle – lo ammetto: per questo cerco di tranquillizzarlo.
Conosco un metodo collaudato: parlargli di Speleologia.
Come quella volta, per scherzare, quando gli accennai che avevo letto un articolo, non so più dove, che parlava del carsismo nelle zone di permafrost. Una cosa folle, ma che lo attrasse, indipendentemente dalla stranezza. Lo interessò anche di più del pensabile, come del resto si coinvolgeva per tutto quello che gli dicevo. A volte rimaneva incantato come un bambino sentendo una favola. Fu così che un po' per volta lo "preparai" per l'esame e lo costrinsi a divenire Istruttore Nazionale, quasi contro la sua volontà19.
L'assurdo fu proprio che, in occasione di quell'esame, un "disgraziato" Esaminatore gli chiese se conoscesse "qualche cosa" sul Carsismo nel permafrost (ho il vago sospetto che l'insinuazione fosse più diretta a me – suo mèntore – che all'esaminando). Con calma serafica lo "stampò" per terra, snocciolandogli tutto quello sul quale avevamo scherzato a suo tempo! (Ero nella Commissione Esaminatrice: sono dovuto uscire perché non ne potevo più dalle risate!).

Il suo nervosismo sta aumentando...
« Senti un po', è da tempo che non vado in una grotta "tosta": che ne pensi di farmi un "piccolo ripasso? ».
Mi guarda stralunato. È ben più forte ed allenato di me, ma si meraviglia per questa mia richiesta! (Non cito, per convenienza, quello che mi ribatte immediatamente!).
Sempre per strategia nel tranquillizzarlo, cambio argomento « Come va il Gruppo? Avete già programmato il futuro corso? ».
Sembra sollevato da questa mia domanda che mancava da tempo nei nostri discorsi.
« L'ultimo corso20 tecnicamente è andato bene, ci sono molti elementi validi... ma non sono soddisfatto per l'impostazione della parte teorica... ».
Senza tanti preamboli mi sbatte in faccia « Perché non mi vieni a fare qualche lezione nel prossimo? ».
Mi ritorna un groppo alla gola che vagolava da diverso tempo...
Passa un po' di silenzio... quasi gelido.
Poi mi fulmina « Tu sei un Istruttore, devi insegnare nei Corsi sezionali! ».
Capisce al volo la mia tensione «Va bene! Allora ci conto su geologia e carsismo » conclude senza permettermi di ribattere e rincalza « Hai già fatto una decina di corsi del Gruppo e perlomeno altrettanti a livello nazionale... perché non continuare? ».
Non ho il tempo di rimanere perplesso che d'improvviso me la butta lì « Perché lo fai? ... Perché fai l'Istruttore? ».

Fulmine! Non avevo mai più ripensato a questa domanda.
Resto interdetto... Il suo sguardo indagatore diviene implacabile.
Non so come, ma, guarda caso, gli butto lì la prima risposta che mi viene istintiva « È una ruota che gira, toccava a me... »... e "precipitosamente" gli ristampo un «... ed adesso tocca A TE farla girare... La ruota non deve fermarsi... deve continuare a girare ».

Per fortuna arriva la telefonata (grazie Tella!).
Un'altra "smadonnata" spacca il mio imbarazzo e via che corre verso il suo amore contrastato.
Al ritorno ci riconcentriamo sul lavoro e con Tella presente si parla di tutt'altro (per fortuna!).

Finito di piastrellare se ne va... io resto a stendere i primi cavi dell'impianto elettrico ed a confrontarmi col mio magone (ma con la certezza in pectore che il prossimo anno a maggio, proprio il giorno prima del mio compleanno, sarò io che gli farò il regalo: le due Lezioni richieste!).

Adesso devo fare attenzione ai collegamenti: non posso permettermi degli errori... non posso permettermi un cortocircuito.
... un corto circuito...?

Certo! Ora mentre scrivo capisco ... c'è stato un cortocircuito: Vianello → Salvatori → Cossutta → Ghiglia...

Ghiglia → Vianello!
Pur se materialista fino al midollo, in questo momento mi piace pensare che, in qualche grotta misteriosa e sconosciuta a tutti, l'ultimo arrivato si sia incontrato con il primo, si siano riconosciuti creando un collegamento sicuro! ... un bel cortocircuito! 

P. S. ... Nota molto meno consolatoria: dopo che Marco se ne è andato, a Biella si sono alternati altri Istruttori patentati dalla Scuola21 per dirigere i vari Corsi annuali del Gruppo... Ora però c'è da chiedersi perché dopo tanti... tantissimi anni... mi trovo nuovamente (ancora?) a far girare questa "benedetta" ("maledetta"?) ruota? Adesso sono io che pongo nuovamente una domanda!

Estratto dal libro "50 anni di speleologia della Scuola Nazionale di Speleologia CAI 1958 - 2008"
a cura di Pino Guidi, Francesco Salvatori e Totò Sammataro