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Scrivere di Scuola

Scrivere di Scuola

Roberto Polverini I.N.S.E.

Mi è stato chiesto di "buttare giù due righe" per il volume celebrativo del primo mezzo secolo di vita della Scuola Nazionale di Speleologia del CAl, magari parlando degli albori di tale struttura. Brutta storia: il primo pensiero che mi è passato per la testa è stato che – presumibilmente – nessun altro volesse occuparsene ma poi, ragionandoci a mente più fredda, ha preso forma un sospetto ben peggiore: probabilmente ero uno dei pochi in età acconcia per provvedere alla bisogna.
Qui in Sabina, dove attualmente risiedo, si usa appioppare l'appellativo "Albero di canto" a quell'anziano che costituisce testimonianza orale delle storie, degli aneddoti, dei canti di lavoro o di emigrazione, dei fatti della vita quotidiana, ed è una tradizione che si perde nella notte dei tempi, partendo da un po' prima dell'avvento del vecchio "gelosino" o del più moderno I-pood.
Debbo dire, in tutta onestà, che non sono eccessivamente lusingato del fatto di poter essere considerato I'albero di canto della nostra Scuola, ma ho comunque deciso di "buttare giù due righe" perché è ciò che forse ci si aspetta da un vecchio istruttore, (o istruttore vecchio, che suona meglio).
Le fasi iniziali della mia attività sotterranea risalgono all'età dell'adolescenza, da collocare nei primi anni '50 (precisazione ad uso di quei molti sfortunati che non mi conoscono), e il successivo ineluttabile passaggio alla speleologia vera e propria è databile agli inizi del 1958, anno di nascita della SNS. Strana concomitanza, vero?
I "vecchi" del mio gruppo mi introdussero negli ambienti che contano, portandomi (probabilmente per meglio suddividere le spese della benzina) come ignaro accompagnatore al 2° Congresso internazionale di speleologia che si svolse tra Bari, Lecce e Salerno, nel settembre di questo fatidico anno che, evidentemente, avrebbe avuto notevoli influssi sulla mia attività futura oltreché sulla speleologia nazionale.
La Scuola è nata principalmente a seguito dell'avvertita necessità di standardizzare (e, possibilmente, livellare verso l'alto) le manovre base della progressione. Ma di questo si è già parlato abbastanza e molti altri lo hanno fatto con miglior cognizione di causa di quanto mi riuscirebbe di fare. Però, da questo livellamento è iniziata in parallelo una lenta evoluzione della mentalità, passando dalla fase eroica a quella in cui il concetto di sicurezza veniva ad assumere un peso rilevante. A tal proposito mi torna in mente un aforisma che soleva ripetere Franco Anelli: "La prudenza è la parte migliore del coraggio, come la paura è la più grande astuzia della ragione".
Invece, a parer mio, poco si è speso e detto su quella favorevole concatenazione di eventi che hanno permesso la gestazione e la nascita di tale nuova struttura operativa nell'ambito di quel CAI degli alpinisti elitari che, negli anni '50, ancora si rispecchiava pienamente nella "nobile lotta coll'Alpe". Calma gente, non voglio addentrarmi in un discorso di bassezze e dietrologie d'altri tempi: basti considerare invece che soprattutto a tre nomi dobbiamo fare riferimento per arrivare a comprendere come tutto il lavoro preliminare abbia portato, poi, a quei risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
Se il Prof. Nangeroni, illustre geografo, non fosse stato il Presidente pro-tempore del Comitato Scientifico Centrale, se il Maestro Finocchiaro non fosse stato quell'abile mediatore di posizioni inconciliabili e se il Consigliere Centrale Spagnolli (poi Presidente Generale del Club, oltreché del Senato), non avesse visto con favore tale lieto evento, probabilmente avremmo dovuto attendere ancora qualche anno per veder concretizzare l'intera faccenda.
Ed ora, ancora altre due righe, ma sulle vicende più attuali. Se continuo a partecipare alla vita della Scuola, (finora da semplice ospite osservatore, perché quasi sempre sono risultato l'unico Emerito presente, e il voto agli INSE è conquista recente), è perché credo in quello che è stato fatto negli anni passati. Penso di aver dato un mio piccolissimo contributo per farla crescere, soprattutto in quei tempi in cui tutto andava ancora inventato, pensato, sperimentato, collaudato e codificato, e mi piacerebbe che si continuasse a lavorare per migliorarla ancora.

Cercherò di fare il possibile per continuare ad essere presente e dare il mio contributo alle prossime venture assemblee annuali ma, e mi sto riferendo alla recente riunione palermitana, mi rammarico parecchio nel prendere atto di quanto tempo si sia dilapidato a proposito di questioni forse secondarie (sospensioni o decadimenti di IS e INS) poiché, a mio avviso, non è così che si aiuta la Scuola a crescere ulteriormente e, soprattutto, si rischia di sminuire il prestigio della figura di istruttore, non intesa nel senso di esibitore di patacche, ma di elemento le cui capacità sono indiscusse e inattaccabili, nei limiti della perfettibilità umana.

Estratto dal libro "50 anni di speleologia della Scuola Nazionale di Speleologia CAI 1958 - 2008"
a cura di Pino Guidi, Francesco Salvatori e Totò Sammataro