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1° corso nazionale di speleologia (1959), un'allievo in risalita su scaletta.

Si fanno gli Istruttori: il Primo Corso

Pino Guidi

L'attività preparatoria del Corso era partita già nel 1968; essendo questo un campo del tutto nuovo (non si trattava di insegnare a dei neofiti i rudimenti della tecnica speleologica, né di migliorare quella di principianti) Marino Vianello, vicepresidente della "Boegan" e braccio destro di Finocchiaro, stilava una prima bozza di programma. Quindi, al fine di utilizzare, ove possibile, l'esperienza già maturata altrove prendeva contatto con speleologi delle nazioni vicine in cui operavano scuole di speleologia – in particolare i francesi – per conoscere metodi e criteri utilizzati (modalità di insegnamento, di valutazione degli allievi, rapporto fra lezioni tecniche e scientifiche ecc.). L'indagine però evidenziò come ogni realtà speleologica avesse problemi particolari che venivano affrontati con soluzioni non sempre esportabili.

I giorni 17 e 18 maggio 1969 si riunirono a Trieste gli Istruttori Nazionali di Speleologia, freschi di nomina, per affrontare le varie problematiche della Scuola, prima fra tutte il Corso per Istruttori sul quale vennero inoltrate proposte e suggerimenti. Il programma definitivo venne quindi redatto sulla base di quanto dettato dal Regolamento e tenuto debito conto, per la parte operativa, delle proposte avanzate dagli Istruttori.

L'articolo 1) del Regolamento dei Corsi per Istruttori Nazionali di Speleologia precisava che gli stessi "hanno lo scopo di formare i quadri dirigenti tecnici dei Gruppi Grotte e gli Istruttori per i Corsi di Speleologia del Club Alpino Italiano". Ai corsi venivano ammessi allievi che avessero almeno 25 anni di età, tre anni di attività speleologica, due anni di insegnamento ai Corsi Sezionali di Speleologia (o uno quale Aiuto Istruttore ad un Corso Nazionale) ed essere autore di una pubblicazione di carattere speleologico. Il Corso sarebbe durato almeno otto giorni consecutivi, contemplando non meno di tre prove pratiche in grotta ed una esercitazione di soccorso (da svolgersi in collaborazione con il CNSA). Inoltre erano previsti colloqui a carattere tecnico su esplorazioni e materiali, lezioni di aggiornamento sui principali aspetti degli studi speleologici, sull'organizzazione speleologica italiana e sugli aspetti legali dell'attività speleologica. Avrebbe concluso la parte teorica una lezione sulla metodologia e i programmi di insegnamento da utilizzare nei Corsi Sezionali di speleologia. Alla fine del Corso gli allievi dovranno sostenere un esame; la qualifica di Istruttore Nazionale di Speleologia del Club Alpino Italiano sarà conseguita da quelli che lo avranno superato con almeno 18 punti su 301.

Il primo di agosto risultavano iscritti solo sette allievi: la griglia molto stretta dei requisiti previsti per l'ammissione non permetteva una grande partecipazione, essendo molti i potenziali candidati privi di almeno uno dei tre titoli necessari. Ma non era l'unico problema che angustiava gli organizzatori: una settimana prima dell'inizio del Corso l'Esercito informava che non poteva fornire le tende per il campo da allestire presso la Grotta Gigante, tende che avrebbero dovuto quindi essere acquistate dalla "Boegan".

Nonostante tutti i problemi, grandi e piccoli, il giorno 17 agosto il 1° Corso per Istruttori Nazionali di Speleologia del CAI veniva inaugurato alla presenza di undici allievi e di due speleologi goriziani che, non essendo in possesso di tutti i requisiti richiesti, vi partecipavano come osservatori. Erano rappresentate varie regioni italiane: l'Emilia-Romagna (Giorgio Garuti, Antonio Rossi, Paolo Salvioli), il Friuli Venezia Giulia (Giuseppe Baldo, Adelchi Casale, Claudio Cocevar, Enrico Davanzo), il Lazio (Antonio Mariani), la Lombardia (Enrico Ferri), la Toscana (Curzio Casoli), l'Umbria (Franco Gianpaoli). Alle escursioni in grotta – in sostanza una sorta di lezioni pratiche congiunte a valutazione sul campo – gli allievi erano accompagnati e seguiti da un gruppo degli Istruttori Nazionali resisi disponibili per tutto o parte del periodo del Corso2.

A conclusione degli scrutini, condotti dalla Commissione d'esame composta dagli Istruttori presenti e dal Direttore del Corso, sono stati riconosciuti idonei otto allievi, due non avevano raggiunto il punteggio minimo (il Regolamento prevedeva che in nessuna delle tre prove si potesse scendere sotto i cinque punti) ed uno non è stato classificato3.
La buona riuscita del Corso – considerato da Finocchiaro, suo direttore, "soddisfacente" per la partecipazione, "da definire" per il rimanente – è stata confermata dalle attestazioni di apprezzamento e dai ringraziamenti degli allievi. Fra le conseguenze del felice esito del Corso c'è stato il riavvicinamento di Pasquini (che era fra gli Istruttori nominati a maggio) alla Scuola del CAI, defilatosi durante il Corso (aveva preferito accompagnare dei giovani in una campagna speleologica nel Cilento); questi, in una lettera del 31 agosto, si complimentava per la buona riuscita, aderiva alla Scuola del CAI e dichiarava sciolta la Commissione Scuole della SSI.

Alla fine di questo Corso la Scuola Nazionale di Speleologia del CAI disponeva di una trentina di Istruttori Nazionali, distribuiti geograficamente in tutta l'Italia Centro-Settentrionale, in grado di organizzare e dirigere corsi di speleologia con criteri d'insegnamento uniformi, contribuendo così a creare una mentalità speleologica nazionale da contrapporre a quella provinciale sino ad allora dominante4.

Ma forse il più importante risvolto positivo è stato l'inizio del decentramento della Scuola, più volte auspicato da Finocchiaro e Vianello, ma sino ad allora mai realizzato. Gli speleologi di Perugia, potendo disporre di tre Istruttori Nazionali e di parecchi Istruttori sezionali, chiedevano in settembre di poter ospitare in Umbria il 6° Corso Nazionale di Speleologia. La loro richiesta veniva caldeggiata da Finocchiaro presso Nangeroni e il Comitato Scientifico, che la accoglieva nel febbraio 1970 stanziando per la manifestazione un contributo di lire 250.000.

Estratto dal libro "50 anni di speleologia della Scuola Nazionale di Speleologia CAI 1958 - 2008"
a cura di Pino Guidi, Francesco Salvatori e Totò Sammataro