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La speleologia insegna la pazienza

Scritto Lunedì, 06 Aprile 2020 da Valentina Tiberi nella categoria News

Restiamo a casa e reinventiamoci

La speleologia insegna la pazienza

In questi giorni di emergenza sanitaria in cui ci sentiamo limitati nelle nostre libertà, una delle doti più utili è certamente la pazienza. Il suo esercizio è molto difficile e richiede tempo per poterla potenziare e per apprezzarne il valore. La pazienza è quella condizione che ci fa capire come la vera libertà sia quella mentale, senza la quale non potremmo mai sentirci liberi neppure nel più grande degli spazi aperti. La speleologia richiede necessariamente pazienza e ne sviluppa l'esercizio. In grotta, per quante abilità e forze fisiche si abbiano non si può correre, gli spazi percorsi durante una giornata in grotta, magari già attrezzata, uno dei nostri abissi ad esempio di difficoltà media, da corso, percorso facendovi una semplice gita con un gruppo di speleologi medi, sono anche 1/20 di quelli che potremmo fare camminando sulla montagna esterna. In alcune grotte e facendo alcune attività percorriamo spesso ancora meno. In grotta il tempo è dato dalle tempistiche della squadra ed è inutile che il più veloce corra alla conquista di un qualche luogo perchè senza gli altri spesso non potrebbe arrivarci ne fare ciò che si era prefissato di fare. L'obiettivo è sempre una cosa comune.

Senza pazienza non si sarebbero mai scoperte le grotte che hanno richiesto mesi o anni di esplorazioni per accedervi, quindi... la maggiorparte, quelle che ci avrebbero mostrato qualcosa di straordinario, di unico. Le grotte stesse, almeno le nostre, quelle carsiche, sono il frutto di un grande esercizio di pazienza da parte dell'acqua. E' vero che in grotta le condizioni ambientali un po' ci aiutano perchè il buio e la mancanza dei riferimenti quotidiani ci mettono in una condizione mentale e fisica tale che il tempo scorre ad una velocità diversa da quella a cui siamo abituati. Per cui se in una giornata percorriamo "solo" 200 metri di grotta non ci sentiremo limitati. Non è importante lo spazio per noi speleologi in fondo, paradossalmente forse lo è più il cosa abbiamo fatto nel percorrerlo, cosa abbiamo visto, come abbiamo saputo renderlo di dominio di tutti. Tutti gli esploratori ovviamente vorrebbero, superato uno stretto passaggio, trovarsi di fronte a vie sotterranee lunghe centinaia di metri, chilometri per potersi perdere infinitamente nel ventre della Terra ma ciò raramente accade. Per fortuna, la soddisfazione, l'emozione, la sorpresa di essere i primi ad illuminare anche solo qualche metro sono emozioni per cui vale la pena aver avuto pazienza e intraprendere delle fatiche.

Dunque, in questo periodo che ci vede lontani dalle grotte, dalla montagna, magari dai nostri cari, dalle cose che ci piaceva fare, forse noi speleologi abbiamo il vantaggio di avere avuto l'occasione di esercitare la pazienza. Le grotte dovrebbero avercelo insegnato. Così come ci hanno fatto ingegnare e fumare il cervello alla ricerca di una prosecuzione, alla ricerca di una risoluzione al mistero, ore e ore fantasticando davanti agli stessi sassi, sicuramente molti di noi sapranno trovare in questa nuova condizione delle occasioni nuove dei modi diversi per fare speleologia e riconvertire le proprie possibiltà in qualcosa di utile. Valentina Tiberi

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